Nonostante la fine dell’emergenza pandemica, il lavoro agile o smart working è rimasto una realtà
nelle aziende svizzere. La possibilità di lavorare da casa o comunque non in ufficio rende più
semplice per molti lavoratori coniugare vita professionale e familiare, evitando spese e perdite di
tempo in macchina o sui mezzi pubblici.
Le regole per lo smart working
Prima dell’obbligo forzato di lavorare da remoto dovuto all’esplosione del Covid-19, molti datori di
lavoro temevano che non avere i propri dipendenti sott’occhio fisicamente avrebbe portato a un calo
della loro produttività. Questo in realtà non è avvenuto, anche grazie a un sistema di regole chiare
che tutelano tanto il datore di lavoro quanto il lavoratore.
Innanzitutto, la postazione di lavoro domestica deve essere idonea in termini di abitabilità,
climatizzazione e illuminazione. Qualora così non fosse, i costi di installazione e manutenzione
sono a carico del datore di lavoro. Il lavoratore ha poi un “diritto alla disconnessione”: spesso infatti
è capitato che il lavorare da casa portasse al non avere chiari orari di lavoro, dal momento che non
c’era una chiara distinzione fisica tra luogo di riposo e luogo di lavoro. È invece obbligatorio che gli
vengano garantiti gli stessi orari che si osservano per i lavoratori in presenza.
Se da una parte il datore di lavoro si fa carico di una serie di responsabilità, anche il lavoratore da
remoto deve rispettare alcune regole. La postazione di lavoro, finanziata dal datore, può essere
utilizzata esclusivamente ai fini della prestazione e solo dal singolo lavoratore, per il quale è anche
prevista una formazione obbligatoria in materia di sicurezza. Inoltre, il datore di lavoro ha il diritto,
cosi come lo hanno le rappresentanze sindacali e le autorità competenti, di accedere al luogo in cui
si svolge il telelavoro. Questa visita può anche essere effettuata in modalità telematica.
Il caso dei frontalieri
Un tema sollevato in questi anni di pandemia è stato quello del telelavoro dei frontalieri. Queste
persone lavorano in Svizzera ma risiedono in un altro Paese. Cosa succede se lavorano da remoto
nel loro Paese di residenza? Nel periodo di emergenza pandemica il Consiglio Federale di Berna
aveva stabilito, in armonia con gli altri Stati europei, che sebbene lavori fisicamente all’estero (e a
prescindere dalla percentuale di attività svolta lontano dai confini della Confederazione), un
lavoratore frontaliere rimane soggetto alla legislazione svizzera in materia di sicurezza sociale. La
norma doveva scadere nel giugno 2022, ma è stata prorogata almeno fino a fine anno. È possibile
che a partire dal 2023 ci sia una modifica legislativa, immettendo forse un limite alla percentuale di
lavoro svolto all’estero.
In conclusione
Il lavoro agile è stata una grande innovazione portata dalla pandemia e rimarrà anche dopo il
definitivo superamento del Covid-19. Accanto ai benefici però, lo smart working nasconde qualche
insidia. Il lavoro da remoto sta infatti portando a una maggiore esternalizzazione dello stesso, con
minori protezioni sociali per i lavoratori. Il legislatore dovrà intervenire per ridurre i danni sociali di
un processo che sarà però difficile fermare.
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