La pandemia da Covid-19 ha cambiato il mondo sotto innumerevoli punti di vista. Uno dei suoi
effetti più importanti e che lasceranno il segno in maniera più duratura è la diffusione del lavoro
agile. Nei momenti più difficili dell’epidemia molte persone si sono ritrovate a lavorare da casa da
un giorno con l’altro, per contribuire a salvare delle vite. Ora che per fortuna l’emergenza più acuta
è passata, il tema del lavoro agile non è certo fuori dal tavolo. Anzi, come anche in altri campi è
avvenuto, la pandemia ha fatto da grande acceleratore, rendendo molto più rapido un cambiamento
che si stava solo iniziando a intravedere, quello della flessibilità lavorativa. Anche se non per tutti il
cambiamento sarà uguale.
Differenza tra lavoro agile e telelavoro
Per prima cosa è necessario fare chiarezza a livello terminologico, essendo questo un ambito in cui
si sente spesso fare confusione. Il telelavoro si definisce semplicemente come una prestazione
lavorativa svolta al di fuori del contesto aziendale, mentre il lavoro agile (o in inglese smart
working) fa riferimento ad una filosofia manageriale che introduce una nuova concezione del tempo
e dello spazio di lavoro, che include il lavoro da remoto. Questo significa per esempio scegliere con
autonomia e responsabilità gli orari di lavoro e scegliere il luogo di lavoro in base all’attività
lavorativa da svolgere. Le possibilità non sono esclusivamente ufficio o casa, ma anche luoghi come
coworking e biblioteche.
Ovviamente non tutti i mestieri possono essere svolti da remoto. Tra le professioni più adatte
troviamo per esempio il servizio clienti, l’informazione, la comunicazione e la Pubblica
Amministrazione, mentre è ovviamente molto difficile non essere fisicamente presente per chi si
occupa di edilizia, sanità o ristorazione.
Differenze tra grandi e piccole aziende
Oltre che a livello di mestiere, un’altra importante discriminante per lo svolgere o meno il lavoro o
parte di esso da remoto, è quella di lavorare in una grande o in una piccola impresa. Secondo un
recente report, il lavoro agile è rimasto dopo la pandemia nell’89% delle grandi aziende, mentre
solo nel 35% delle piccole e medie imprese.
In generale le grandi imprese tendono ad essere più innovative ed è per loro più semplice fornire al
proprio personale i mezzi per lavorare al di fuori dell’ufficio. Le PMI invece faticano a mantenere
insieme una sede fisica e contemporaneamente fornire le possibilità di lavorare da remoto, spesso
tra l’altro difficile da realizzare per via delle loro differenti attività. Non mancano però alcuni casi
in controtendenza: grandi aziende come Google e Salesforce hanno dato incentivi per ritornare
fisicamente al lavoro, mentre è più frequente che sia una piccola azienda a trasferire la propria
attività completamente da remoto, abbattendo del tutto i costi della sede fisica. Normalmente le
aziende corporate tendono invece a dare la scelta tra lavoro in presenza e da remoto, mantenendo
attivo il tradizionale ufficio.
In conclusione
Il lavoro agile è rimasto nonostante la fine dell’emergenza pandemica perché è piaciuto ai
lavoratori. Più tempo per la vita familiare e personale e meno tempo speso tra macchina e mezzi
pubblici (con un impatto positivo anche dal punto di vista ambientale) sono dei benefici a cui la
maggior parte dei lavoratori non intende più rinunciare. Certamente poi c’è un rovescio della
medaglia, come la minore interazione umana e l’effetto negativo di non uscire mai da casa, qualora
sia il domicilio la sede scelta per lavorare. Una soluzione che molte aziende hanno scelto è quella
del lavoro ibrido, cercando di mantenere i benefici di entrambe le possibilità. Questo sembra essere
il futuro del lavoro, anche se più per le grandi che per le piccole e medie imprese.
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