Capita spesso di sentir parlare di burnout, in relazione a periodi di particolare impegno o stress.
Questo termine inglese, che significa “bruciato” o “scoppiato” indica in realtà una problematica
specifica che è strettamente legata all’ambito professionale.
Che cos’è il burnout?
Il burnout è definito nell’ICD (International Classification of Diseases) come: “una sindrome
derivante dallo stress cronico sul posto di lavoro che non è gestito con successo”. È caratterizzato
da tre dimensioni: 1) sentimenti di svuotamento o esaurimento energetico; 2) maggiore distanza
mentale dal proprio lavoro, sentimenti di negatività o cinismo ad esso relativi; e 3) ridotta
efficienza professionale. Ad esserne maggiormente colpite sono le persone che lavorano in
ambiti particolarmente stressanti come il personale ospedaliero, gli assistenti sociali o i vigili del
fuoco, ma ne è più colpito della media anche chi ha a carico difficili situazioni familiari.
Ciononostante, è bene ricordare come per parlare di burnout il problema debba essere derivato
dalla condizione lavorativa, anche se può poi essere amplificato da altre situazioni di carattere
personale.
Le modalità pratiche di manifestazione della sindrome da burnout sono molteplici, dalla
depressione all’irritabilità fino a modalità più prettamente fisiche (in questo caso si parla di
somatizzazione dello stress) come contratture muscolari del tronco, intestino irritabile, eritemi,
forfora, forte e immotivato aumento o diminuzione del peso corporeo, reflusso gastroesofageo. Il
nostro corpo insomma può reagire in tantissimi modi a un problema che però è psichico. È
dunque a quel livello che bisogna intervenire.
Come risolvere il burnout
Come abbiamo detto, il burnout deriva da una condizione lavorativa. Purtroppo però, non è
sempre facile cambiare le caratteristiche del nostro mestiere. Se il problema deriva da una
particolare e ingiusta situazione sul posto di lavoro è doveroso farlo presente per cercare di
cambiarla, ma se invece è legata alla natura intrinseca della professione e non si vuole per vari
motivi cambiare vita, bisogna guardare altrove per migliorare la propria condizione. Innanzitutto
nella fase più acuta è necessario prendersi del riposo, eventualmente prescritto dal medico. Il
burnout è una condizione seria ed è dunque giusto rivolgersi a degli specialisti, che possono
includere anche degli psicologi. In secondo luogo, è utile cambiare le proprie abitudini fuori dal
lavoro: una maggiore attività fisica, un miglior ritmo sonno-veglia e un’alimentazione più sana
aiutano molto a ritrovare un equilibrio che è stato sconvolto da un mestiere stressante.
In conclusione
Negli ultimi anni i ritmi di lavoro sono spesso diventati insostenibili. Questo, specialmente se
sommato a situazioni familiari o personali difficili, può portare a situazioni di burnout, che
inficiano pesantemente la nostra qualità della vita. Se questo succede il primo passo è rendersene
conto e comunicarlo anche sul posto di lavoro. Un buon datore di lavoro sa che un dipendente
con sindrome da burnout non è (e non certo per sua colpa) un dipendente produttivo, e ha dunque
tutto l’interesse affinché la situazione migliori. Con l’aiuto di specialisti e di uno stile di vita
migliore, è possibile ritornare alla normalità.
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